venerdì 27 gennaio 2017

Maledetto gennaio



 
Ho sempre odiato gennaio.
Le palestre fredde per le settimane di chiusura natalizia, le morie di compagni di squadra decimati dalle influenze stagionali, lo studio di fine quadrimestre immancabilmente alla rincorsa di quel sei incerto dell' ultimo giorno. 
A distanza di anni continuo ad odiare gennaio, le palestre continuano ad essere fredde ed ora a quasi 35 anni non scaldarsi a sufficienza assicura il mal di testa del day after, il rientro al lavoro non è mai come te l'eri pronosticato l'anno precedente, soltanto dieci giorni prima che sembrano lontanissimi. 
Insomma gennaio e' il mese col freno a mano, mi fa sbandare e mi affatica. 
Neanche i fatti di cronaca sono stati favorevoli in questo 2017, quindi da amante della montagna ho preferito tenere la penna ferma, in segno di rispetto. 
Febbraio, come ogni febbraio delle mie stagioni si dipingerà di nuovi colori, lo so già, ritroveremo lo spirito per raccontare di sport senza dimenticare l'anno trascorso, saremo malinconici ma fatti della stessa materia che ci ha contraddistinto all'apertura del nostro garage, nuovi ospiti il giovedì, articoletti da leggere con leggerezza e chicche dal mondo sportivo.
Salutiamo gennaio, per un altro anno non dovremo più pensare a te.

giovedì 5 gennaio 2017

Puntata 2 - Storia di un Alpinista impacciato: La dura lezione della sigaretta



Quando sei sempre stato sportivo, difficilmente riesci a capire cosa spinge qualcuno ad accendere una sigaretta. Farsi del male e pagare per questo è nella tua testa irrazionale. Ma così non è per me. Non lo sono sempre stato, e credo di non esserlo completamente diventato. Fumavo molto. Fumavo mentre studiavo, fumavo mentre uscivo con gli amici, fumavo per noia, per gioia, per stress. Fumavo in tutti in quei momenti in cui credevo servisse fumare. Associato ai (minimo) 12 caffè al giorno, all'ingente numero di cene rubate a me stesso in onore di una vita sregolata, alla scarsa quantità di sonno e alle ore passate sui banchi a studiare, i rischi che  qualcosa potesse limitarmi fisicamente c'erano tutti. Un giorno tornando a casa, mi resi conto che il 1° piano delle scale del mio palazzo era diventato per me una scalata che nemmeno il nanga parbat di Messner era stato tanto combattuto. Il pesante zaino da bivacco sostituito dalla borsa della spesa, i ramponi le mie sneakers biancastre, la corda la ringhiera di salita. Il mio, all'epoca, compagno di cordata (una vecchietta di 60 anni che non ritengo giusto citare per nome) mi affiancava e assicurata al pianerottolo di ingresso si chiedeva se mai sarebbe riuscita a passare laddove anche io (giovane 22enne) risultavo avere difficoltà. Uno sguardo di intesa e via: affronto gli ultimi scalini con l'affanno e avviso la signora che tutto era a posto. Ce l'avevamo fatta. Ero finalmente entrato in casa e potevo godermi la mia cima, nella maniera che più era giusta. La mia sigaretta. Ma qualcosa era cambiato...La fatica era stata talmente tanta che non me la sentivo. Dovevo riposare: quel riposo è stato tanto umiliante, quanto illuminante. Urgeva fare qualcosa. Dovevo iniziare un percorso: migliorare la mia scalata e allenarmi. E dovevo conquistare la mia cima, passo dopo passo. 
Qualcosa di grandioso si era appena realizzato nella mia mente..."ma se riesco a conquistare il primo piano, senza morire, forse potrò finalmente andare a bussare ai vicini del 2° e dirgli che dovrebbero smetterla di camminare con i tacchi in casa alle 3 di mattina e quindi potrò dormire meglio (quando lo faccio)". L'allenamento era diventato la base per migliorarsi. In più volevo trovare la sua applicazione nella vita di tutti giorni, quasi fosse normale esistesse un senso ad ogni atto di miglioria che facciamo nelle nostre vite.
Ancora oggi non ho smesso di fumare in tutti quei momenti in cui credo serva fumare, solo che questi si sono ridotti ai momenti in cui sento di aver raggiunto un obiettivo. Quasi fosse un totem...ma questa è un'altra storia.

giovedì 29 dicembre 2016

L'ospite del giovedì...Elisa!


Ciao Elisa, ben venuta nel nostro garage, per concludere questo nostro primo anno di attività ho pensato a te, giovanissima atleta con alle spalle interessanti esperienze nel tennis. 
Ciao ragazzi! Non sapete che piacere ho provato nell’obbligarmi a ripensare ai miei anni sulla terra rossa grazie alle vostre curiosità! 

A quanti anni hai iniziato a praticare sport?
Più o meno all'asilo, se la memoria non mi inganna.

Quali sport hai provato prima di approdare al tennis?
Solo il nuoto, qualche corso per iniziare a prendere confidenza con gli schizzi d’acqua.

Chi ti ha avvicinato al tennis?
Sono anni che me lo chiedo e non ho risposte certe. Credo che la “colpa” sia di mia mamma, che a quei tempi aveva iniziato a prendere qualche lezione per conto suo.

La soddisfazione più grande che hai ottenuto?
Difficile dirlo…a caldo me ne vengono in mente due: in campo individuale sicuramente la convocazione per la rappresentativa regionale a Milano, per la coppa Belardinelli, mentre nei campionati a squadre la vittoria delle regionali che ci ha fatto approdare alle nazionali (che soddisfazioni…ricordo ancora la faccia di qualche dirigente che mai avrebbe voluto la nostra vittoria!) :D

Delusioni in ambito sportivo? Ci sono state?
Si, tante...quel braccino che difficilmente mi permetteva di dare in partita tanto quanto in allenamento e che inevitabilmente mi faceva arrabbiare se la palla non andava dove dicevo io. Ma fortunatamente non ho ricordi ben definiti di delusioni particolari.

Il tennis e' uno sport di grande sacrificio e tensione emotiva, come gestivi queste due dimensioni?
Che bella domanda…beh, il sacrificio è comune a tutti gli sport praticati ad un certo livello e finché si è giovani (e non patentati, di conseguenza) credo che le difficoltà vere ricadano su chi ti deve scorrazzare da una parte all’altra della regione più volte alla settimana. Del sacrificio non ho grandi ricordi (se escludiamo panini mangiati al volo o studiate serali/durante il tragitto), prevalgono il piacere e la sensazione di piacevole fatica.
Per quanto riguarda la tensione emotiva, ahimè, non sono mai stata bravissima a gestirla. L’ansia da prestazione non mi ha mai abbandonata negli anni e dover riferire all’allenatore, che rarissimamente seguiva le partite, la performance mi ha sempre destabilizzata….anche perché, tenendo a vedere il bicchiere mezzo vuoto, avevo la capacità di concentrarmi sempre sugli aspetti peggiori del mio gioco. 
Un allenatore, non mio, ai tempi mi disse “Sei un muro! Che tu vinca o perda, la tua espressione non cambia!”…ecco, questa forse è la vera risposta, aver trovato un escamotage almeno esteriore per non dover condividere delusioni e paure (ma nemmeno le gioie, ne convengo) con gli altri.

Cosa ti manca delle stagioni agonistiche?
Gli allenamenti, quelli da cui si usciva con la lingua fuori e pieni di carica dentro. 

Oggi, che sportiva sei?
Clio! Mannaggia!! Questa è una domanda trabocchetto, dovresti dirmelo tu essendo mia compagna di squadra! :P
Ebbene, ora è necessaria una premessa…dopo aver abbandonato il tennis mi sono dedicata qualche anno alla pallavolo. Come è ben comprensibile, passare da uno sport individuale ad uno di squadra causa dei cambiamenti considerevoli…e tutto questo ha portato a ciò che sono oggi, in due parole una “sportiva cresciuta”, direi. Le tensioni/paranoie continuano ad essermi vicine ma in modo più marginale, il mio essere individualista è presente tutt’ora e mi sprona a dare il massimo, anche perché faccio parte di una squadra composta da persone cha hanno giocato in categorie ben più alte delle mie, e per questo stesso motivo sono anche certa di avere mani che si tenderanno nel momento in cui avrò bisogno di rialzarmi da terra, nello sport e non solo. 
Ma sono anche una “sportiva pigra” rispetto ad una volta, devo ammetterlo! 

Quali sono i tuoi progetti futuri?
La laureaaaaaaa! E onestamente vorrei anche seguire il detto “mens sana in corpore sano” e cercare di essere un po’ più costante dal punto di vista fisico (ma lo dico da anni, quindi non mi fiderei molto delle mie parole).

Cosa diresti ai giovani tennisti che decidono di avvicinarsi all'agonismo?
Credete in voi stessi, volere è potere.

Fatti un augurio per il tuo 2017?
Mai mollare.

Il migliore augurio te lo facciamo noi, ringraziandoti per la preziosa testimonianza!
 

giovedì 22 dicembre 2016

Gli ospiti del giovedì: Raffaella&Stefano



 Con immenso onore e curiosità oggi nostri ospiti saranno Raffaella e Stefano Claut, grandi atleti che ho avuto il piacere di conoscere in tempi non sospetti su una parete di roccia circa una decina di anni fa. 

 

Ragazzi mi raccontate quelli sono i vostri sport?

 

R. Lo sport che ultimamente mi ha rapito è la corsa il poco tempo che ho a disposizione lo impiego per gli allenamenti in ciclabile, in palestra oppure in piscina. Il mio obiettivo è migliorare il tempo sulla distanza di Mezza Maratona. 

Con la famiglia invece si organizzano delle giornate all’insegna dello sport: arrampicate in falesia su roccia, gite in mountain bike, pattinate, sciate oppure dei viaggi itineranti di trekking con alcune ferratine. Quando posso mi aggancio agli allenamenti di Stefano a Padova, nella piscina più profonda al mondo la Y-40, dove rispolvero, nel mio piccolo, la mia capacità di apnea.

 

S. La mia attività sportiva principale è la pesca in apnea, sport impegnativo che pratico da circa una ventina d’anni. E’ sicuramente la disciplina sportiva che mi impegna di più sia per quanto riguarda gli allenamenti che per gareggiare nelle competizioni nazionali e internazionali.

Dall’anno 2008 faccio parte della Nazionale Italiana di Pesca in Apnea. 

Al secondo posto viene la corsa, per lo più distanze di endurance entro i 30K; l’approccio è stato inizialmente complementare e di training per l’apnea poi è diventata una vera e propria passione.

Le altre attività sportive secondarie sono l’arrampicata sportiva, la mountain bike, training in palestra, lo sci quando inizia la stagione invernale e le escursioni in montagna…chi più ne ha più ne metta 

 

Quando avete iniziato a fare sport?

 

R. Ho iniziato da piccolissima a fare nuoto e poi sono passata al pattinaggio artistico su rotelle… a riguardare le foto dell’epoca erano più grandi i pattini di me. Ho giocato a basket per tanti anni e grazie alla passione del mio papà mi sono divertita a giocare a tennis. C’è stato poi un periodo di pausa dalle competizioni e mi sono dedicata alle attività di fitness in palestra.Ho fatto il brevetto di I° grado di apnea, tanto per assaporare la muta umida d’inverno come la mia dolce metà. Ho frequentato un corso di arrampicata sportiva ed è stato amore a prima vista.L’anno scorso è iniziata l’avventura del running.

 

S. Ho iniziato all’età di circa 6 anni con il calcio e judo

 

 

Quanto sport avete provato fino ad oggi?

 

R... un po’ di tutto.. ci rimane da provare il parapendio ed il catchwrestling 

 

S. Pesca in apnea, apnea, corsa su strada, trail running, mountain bike, arrampicata sportiva, calcio, tennis, rafting, judo, pallavolo, roller skate, sci nordico ed alpino … e sicuramente qualcosa d’altro che ora mi sfugge…

 

Quanto ne volete ancora provare?

 

R. Beh, non si tratta di collezionismo… sono i casi della vita che ti avvicinano a determinate discipline sportive. Nella corsa è stato Stefano a trovare la chiave giusta per appassionarmi; prima di iniziare a correre non capivo cosa ci fosse di divertente correre e basta, senza uno scopo e senza una palla al seguito…

 

S. Sono più orientato alla qualità anziché alla quantità, dunque preferisco focalizzarmi sui progressi dell’attività più importante in quel momentoin base al mio calendario agonistico.

Sono comunque sempre curioso e pronto a provare qualcosa di nuovo se si presenta l’occasione.

 

 

Qual è lo sport che vi lega?

 

R. In questo momento sicuramente la corsa, Stefano mi ha lanciato il guanto di sfida regalandomi lo scorso compleanno il mio Primo pettorale per la Mezza Maratona… senza allenamento e senza aver mai corso più di 13km, ho portato a termine la gara sotto le 2h. … per me, un gran risultato! Da quel momento ho voluto allenarmi e vedere che cosa significa fare una vera gara.

La corsa è un mondo tutto nostro, dove ci confrontiamo e stimoliamo a vicenda, ci tiriamo su di morale quando qualcosa non va e gioiamo dei risultati altrui quando arrivano J Non è sempre facile tenere insieme tutte le cose, la famiglia, il lavoro, lacasa ed i mille impegni di ogni giorno ti possono far desistere; la solita frase che ti senti dire è: Ma chi te lo fa fare???”…. poi quando finisci l’allenamento, è sempre tutto più chiaro e la scarica di endorfine ti regala la felicità! .. e non vedi l’ora di pianificare la tua prossima gara

 

 

S. Sicuramente la corsa! 

E’ uno sport semplice e che ti impegna poco tempo. E’ inoltre un ottimo alleato se vuoi muoverti: non dipendi dal meteo o da un compagno perché ti basta mettere ai piedi un paio di buone scarpe e via! 

Un allenamento di buona qualità è abbastanza facile incastrarlo negli impegni della giornata (sempre molto numerosi!)

 

 

Il vostro miglior risultato?

 

R. E’ da poco tempo che mi dedico alla corsa, attualmente il mio Personal Best è di 1h 44 alla Mezza Maratona di Trieste è a sorpresa, senza uno specifico allenamento, ho concluso la Cortina-Dobbiaco 30k in 2h. e 43’.

 

S. Nella Pesca in Apnea è sicuramente l’Argento conquistato al Mondiale di Syros (Grecia) quest’anno, come titolo a squadre.

Nella corsa invece i risultati sono più modesti: un Personal Best di 1h. 27’40’’ (4’09’’ al km) nella Mezza Maratona di San Miniato (PI) di qualche settimana fa.

 

Avete una bimba, come l'avete avvicinata a mondo sportivo?

 

R. Con Chiara, la nostra bambina, è stata una cosa naturaleforse perché l’abbiamo sempre coinvolta nelle nostre attività sportive. Ci ha sempre visto entusiasti organizzare, partire, partecipare alle manifestazioni sportive che per lei è normale nella vita praticare dello sport.

 

S. Chiara (7 anni), l’abbiamo sempre portata con noi e coinvolta in tutte le attività. 

A 2 mesi ha iniziato con i corsi di acquaticità per neonati, poi ha proseguito con il nuoto e nel tempo libero la portavamo spesso in piscinaDa quando ha 4 anni fa nuoto sincronizzato, anche se il suo amore segreto rimane la Boxe! L’anno scorso ha fatto una bellissima esperienza alla Trieste Pugilato ed è rimasta affascinata dallo sport di contatto. Nei fine settimana, tempo permettendo, si organizza sempre qualche attività all’aria aperta, dalla semplice camminata nel bosco a raccoglier funghi e asparagi, all’arrampicata sportiva in falesia, al giro in bici oppure in barcapescare. In estate non mancano le occasioni per lo snorkeling e l’apnea… insomma l’importante per me è non rimanere a casa davanti alla tv oppure girare a vuoto nei centri commerciali!

 

Quanto secondo voi lo sport è nel DNA?

 

R. Qualche informazione nel nostro patrimonio genetico ci sarà sicuramente ma poi sta in noi coltivare con passione, dedizione e costanza se si vuole raggiungere qualche risultato.

 

S. Difficile a dirsi, secondo me è un discorso di stimoli ed emulazione; se i genitori fanno sport e sono contenti, è abbastanza naturale che i figli li seguiranno. Sono poi dell’avviso che più cose fai da bambino e più facile dgrande sapere scegliere la propria strada sportiva.

 

Un invito ai genitori nell'accompagnare nella pratica sportiva i propri figli.

 

R. Provare assieme… il momento di condivisione con il proprio figlio è un momento magico ed unico…

 

S. Cari genitori “meno centri commerciali e più camminate nei boschi con i vostri figli!” 

Anche una semplice camminata e pic nic …. non serve fare grandi cose….

 

 

Cos'è per voi ad oggi lo sport?

 

R. E’ uno stile di vita, un momento di aggregamento, uno “scaricastress ed un allenamento per quello che la vita ti offre e ti sfida, ogni giorno.

 

S. La parola sport racchiude tante cose…. 

E’ un mezzo per ottenere importanti soddisfazioni nella vita, un modo per mantenersi in forma oppure un semplice sfogo dopo una giornata rinchiusi in ufficio. E’ qualcosa di bello da trasmettere ai tuoi figli. 

E’ senz’altro un impegno ed un sacrificio … ma più sono alti e più grande è la soddisfazione quanto raggiungi gli obiettivi.

 

Un augurio a tutti gli sportivi per un inizio sereno del 2017...

 

R. Trovate la vostra passione e rincorrete i vostri sogni.

 

S. No pain no gain 

 

 

 

martedì 20 dicembre 2016

La musicoterapia nei disturbi psicosomatici degli atleti



Per alcuni atleti che soffrono di disturbi psicosomatici la musicoterapia diviene un'alternativa valida ed efficace in ambito terapeutico e permette loro di superare gli ostacoli i che inceppano parzialmente o totalmente la pratica sportiva.
Di fronte uno sportivo che manifesta insonnia, emicrania, anzia generalizzata, ipervigilanza, rabbia ed aggressività la musica diviene non solo canale di comunicazione ma anche fonte di rilassamento indotto.
Le sedute di musicoterapia si strutturano a seconda della domanda dell'atleta, della sua propensione e fiducia nei confronti dello psicologo e del metodo proposto.
 Di seguito indicherò un percorso basico di possibili incontri incentrati sull'utilizzo della musica nel rilassamento corporeo:
- conoscenza, ascolto della domanda dell'atleta, somministrazione di test per valutare l'ansia e lo stress.
- diario giornaliero sugli Stati d'animo e sui pensieri associati che andrà valutato l'incontro successivo. 
- training cognitivo seguito da tecniche di rilassamento mediato e guidato dalla musica.
- visualizzazioni guidate e rilassamento attraverso il suono, acquisizione della tecnica affinché diventi propria e replicabile. 
- Ultima seduta, riflessioni e conclusioni, strategie acquisite da mettere in atto in autonomia!
Lo scopo di questo trattamento e' acquisire maggior consapevolezza del proprio corpo, ascoltando in modo attivo le richieste, gli stati di fatica e stress del corpo.
 La musica diviene canale attivo di rilassamento replicabile in qualsiasi situazione di pre gara al fine di aumentare l'attenzione e diminuire lo stress psicologico percepito, in allenamento per sentire con maggior confidenza il proprio corpo ma anche nelle sedute di defaticento per incentivare il rilassamento. 

domenica 18 dicembre 2016

storia dell'hockey (estratto da Cipriano Zino)



Grazie a Giordano Visaggio postiamo l'incipit della storia dell'hockey...

 
Una storia dell'hockey. Perché?
L'hockey in Italia è continuativamente presente da più di sessant'anni. Gli anni diventano novanta se consideriamo anche il trentennio precedente (1905-1935), nel quale vi furono numerosi tentativi, a distanza di anni e con esiti ogni volta negativi, di radicare l'hockey nel nostro paese.
In questo periodo quasi secolare decine di migliaia di uomini e donne (in minor numero le donne) hanno incontrato l'hockey, lo hanno giocato, lo hanno, in maggior o minor misura, amato.
Basterebbe perciò solo il pensiero di quella lunghissima teoria di hockeisti, legati - attraverso tempi diversissimi fra loro - dalla passione per quello sport dallo strano nome, per considerare che tutti loro meritano una storia, la loro storia.
Potremmo aggiungere che non può esserci futuro se non si conosce il passato e che tutti noi, in quanto esseri umani, abbiamo il dovere della memoria. Solo conoscendo le nostre radici e preservandole, oltre a ritrovare nella storia passata le linee di evoluzione ed i perchè di oggi, potremo rafforzare la nostra specifica identità.
Nessuno ha mai scritto una storia organica dell'hockey in Italia, a differenza di quanto è stato fatto per buona parte degli altri sport. Le sintesi e le specifiche voci presenti 1;lelle enciclopedie sportive o nei volumi :di storia dello sport sono superficiali, lacunose ed inattendibili.
Gli Albi d'oro sono errati contemplando campionati che non furono tali, ignorandone altri regolarmente svolti e sbagliando anche ad assegnar titoli. Le stesse cronologie sono zeppe di errori, così pure gli elenchi nominati:vi, i risultati degli incontri delle nazionali ed anche le denominazioni federali.
Il fatto che questo desolato scenario non sia solo dell'hockey ma bensì comune a molti sport non muta i termini della questione.
Scriverne la storia ora, una storia vera e suffragata da riscontri documentali, prima che il tempo cancelli completamente i ricordi e disperda gli ultimi documenti sopravvissuti, vuol dire - tra l'altro - ricostruire e consegnare alla memoria collettiva la testimonianza di epoche, di persone, di fatti, di istituzioni che sarebbe, se non un crimine, una imperdonabile leggerezza lasciare affondare nell’oblio.
Impresa non facile, non breve, non lieve ma che merita, per tutte le motivazioni sovraesposte, d'essere intrapresa.